Duran DuranNegli anni 80 ero una adolescente e come tutte le mie coetanee ero una fan incallita dei grandi gruppi pop: gli A-Ha, gli Spandau Ballet e naturalmente i mitici Duran Duran. Non potevo restare, quindi, indifferente al film documentario che uscirà nelle sale cinematografiche di tutta Italia solo nelle giornate del 21/22/23 luglio. Perciò sono a parlarvene oggi. In realtà già nel 2011 l’evento era stato messo sul web da Vevo, a disposizione dei fans, ma solo in questi giorni, attraverso l’eccentrica maestria di un grande regista come David Lynch, il documentario viene riproposto al vasto pubblico.

Le riprese furono fatte il 23 marzo del 2011 durante il concerto dei Duran Duran al Mayan Theater di Los Angeles; per l’occasione il gruppo suonava in formazione originale con Simon Le Bon alla voce, John Taylor  al basso, Nick Rhodes alle tastiere, e Roger Taylor alla batteria. Si trattava di una serata memorabile e per non lasciarla ai ricordi di coloro che vi avevano partecipato, nacque il progetto Unstaged”  che  prevedeva la direzione in live streaming della performance della band, avvalendosi dell’utilizzo di tre differenti camere su due livelli visivi e utilizzando gli effetti speciali per creare un’atmosfera surreale. Colui che venne incaricato di organizzare in completa libertà tutto questo lavoro fu nientepopodimeno che David Lynch in persona, appunto.

unstaged-620x350Quella era la prima volta che suonavano live i pezzi di “All you need is now”, il loro ultimo album che quella serata era volta a promuovere, e per farlo invitarono anche alcune guest star come Gerard Way dei My Chemical Romance, Beth Ditto dei Gossip, Kelis e Mark Ronson, il loro produttore, che perciò si ritrovano nel docu-film. Tuttavia va detto che, dai numerosi articoli pubblicati dalla critica che in anteprima già ha potuto visionare il film, non emerge un quadro positivo: non tanto per la performance dei Duran Duran, definiti “sempre più professionali oltre ogni previsione e migliorati come musicisti al punto da risultare quasi irriconoscibili rispetto ai ruggenti Ottanta di Wild Boys”; quanto per le scelte del regista di sovrapporre alle immagini in bianco e nero del concerto, soggetti bizzarri, bamboline nude, situazioni oniriche o un sole effetto cartoons che copre l’intera inquadratura e non ti permettono di godere a pieno dello spettacolo della band che sostanzialmente era quello di cui si doveva realmente godere in origine.

Per cui ragazze e ragazzi degli anni 80, se l’intenzione era quella di tornare a sognare ammirando Simon al centro del palco, disilludetevi (per altro avete visto come si è trasformato fisicamente quell’uomo??!!); se invece è volontà di assistere a qualcosa di veramente alternativo con le melodie del gruppo che come sempre e più di sempre sorprendono gli ascoltatori, correte a prenotare il vostro posto alla sala cinematografica più vicina.

 

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